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Rivivere un autentico banchetto dell’antica Roma con l’archeologia gastronomica

antico banchetto-romano

Quando si parla di archeologia gastronomica si intende una branca della gastronomia basata su studi scientifici fatti per poter conoscere le abitudini culinarie e, a volte, persino le ricette delle civiltà antiche.
Grazie a questa scienza, al giorno d’oggi siamo in grado di sapere esattamente cosa mangiavano gli antichi romani ad un banchetto. Di conseguenza possiamo riproporre un menu che sia in tutto e per tutto identico ad un banchetto dell’antica Roma.

Un autentico banchetto dell’antica Roma

Un classico banchetto romano era tipicamente diviso in sette prelibate portate. Spesso i romani organizzavano i banchetti in onore di ospiti di riguardo per poter stringere alleanze politiche o per suggellare accordi familiari come ad esempio i matrimoni.

I commensali mangiavano sdraiati su triclini, e di solito si mangiava con le mani, naturalmente dopo aver provveduto a lavarle con acqua profumata.
Le sette portate che componevano un banchetto erano divise solitamente in:

  • un antipasto
  • tre primi
  • due secondi
  • un dolce

Sembrerebbe quasi un moderno menù degustazione. Durava mediamente sei ore, spesso fino ad arrivare alle ore piccole della notte, accompagnato da spettacoli e intrattenimenti vari tra una portata l’altra. Inoltre si esibivano artisti come giocolieri comici, danzatori, e poeti.

Le pietanze

Le pietanze dei banchetti dell’antica Roma erano spesso molto scenografiche e mirate a stupire l’ospite.
Leggendo autori come Apicio, siamo a conoscenza di quali erano alcune delle pietanze preferite dai nobili romani. Come le famose mammelle di scrofa con ricci di mare, abbinamento che a noi potrebbe risultare strano, ma al tempo era considerato una vera prelibatezza. Oppure il cinghiale farcito con tordi vivi, un piatto molto laborioso e scenografico che prevedeva di inserire nel ventre del cinghiale dei tordi ancora vivi, prima che venisse arrostito.

Si mangiavano, inoltre, animali che oggi giorno non oseremmo mai assaggiare, come ad esempio i ghiri ingrassati e poi serviti ripieni di carne di maiale con noci. Il ghiro era considerato un animale prelibato e degno delle tavole dei nobili al tempo. Nell’antica Roma si mangiavano anche le lumache, le quali venivano ingrassate nel latte salato per poi essere fritte in olio abbondante.

Inoltre, nell’antica Roma si consumava un elevato numero di uccelli, come ad esempio i gabbiani di mare, considerati alla pari della selvaggina; oppure i corvi stufati o arrostiti. Mentre, per le occasioni speciali, si tendeva servire dei pregiati pavoni, che venivano farciti e poi arrostiti interi.
C’era una forte tendenza a cucinare e poi servire animali interi: gli uccelli venivano serviti quasi sempre con le zampe ancora attaccate al corpo; era meno comune servire dei bocconcini o delle fette di carne.

I Romani erano anche degli amanti delle spezie, con le quali condivano sapientemente le portate. Inoltre, spesso accompagnavano al cibo il famoso Garum, ovvero una colatura di pesce fermentata che fungeva da salsa molto saporita. Il suo scopo era spesso quello di coprire il sapore acre della carne che stava iniziando ad andare a male, cosa comune vista l’assenza di metodi di conservazione delle carni efficace.

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