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Culti dell’antica Roma: il mito di Attis

La celebrazione di un amore, il sacrificio massimo, il rifiuto e la rinascita: quante storie, miti e leggende costruite a partire da queste quattro fasi culminano sempre nella rigenerazione e ripartenza dalla sconfitta?

Uno dei primi culti che ha basato la sua storia sull’importanza della rinascita è il mito di Attis. Egli nacque dall’unione tra un figlio di Zeus, Agdistis, e una ninfa.

Il mito di Attis

Agdistis, ermafrodita a metà tra il divino e l’umano, spaventava gli Dei per la sua duplice natura al punto da essere evirato direttamente da Dioniso. L’evirazione generò un albero di melograno, a cui una ninfa attinse per mangiare un frutto. Così rimase incinta, dando alla luce il divino Attis.

Il destino di Attis ha però in serbo una sorpresa per lui: l’amore di Cibele. Attis impara a conoscerla e ad amarla fino a legarsi per sempre a lei con un figlio. Il loro legame è ostacolato dal padre di Cibele, un re che non può accettare l’amore di sua figlia per il figlio di un dio ripudiato. Il re decide di uccidere Attis e tentare di mettere la parola fine a questo amore.

A questo punto, le versioni sul finale della storia sono differenti tra loro. Quella narrata più spesso, nei reperti storici che parlano del mito di Attis, vede la stessa Cibele, disperata per amore, recuperare le spoglie del suo amato e riportarlo in vita, attraverso un rituale magico che suggella la rinascita del dio.

Per gli antichi Romani, rievocare il mito di Attis aveva un significato importante, quello di tornare alla vita. Una resurrezione vera e propria era un’opportunità rara che simboleggiava l’importanza delle seconde occasioni, di non darsi per vinti, di combattere per ciò che si vuole realmente.

Concetti, molti anni dopo, nel Cristianesimo, sarebbero culminati nella festa della Pasqua. I rituali in onore di Attis e la commemorazione pasquale hanno molti punti in comune: a partire dalla coincidenza delle date, fino all’idea di sacrificio e di resurrezione cara ai romani tanto quanto ai cristiani.

Il Sanguem

Ad Attis veniva dedicata un’intera festività, della durata di dieci giorni con rituali ben precisi. Il Sanguem iniziava intorno al 15 marzo, con una rievocazione tra i fusti di canna. Il rituale ripercorreva il momento del ritrovamento del neonato Attis, abbandonato dagli dei. A questo seguivano sette giornate di digiuno, per celebrare la sua morte.

Durante questi giorni venivano tagliati rami di pino, simbolo di Attis, poi donati all’altare della dea Cibele. La commemorazione di Attis culminava con il rito del Sanguem. Durante il rito i sacerdoti si tagliavano intenzionalmente e offrivano il proprio sangue all’albero del Dio per rievocare la sua evirazione.

I giorni successivi al rito di sangue erano invece i giorni della rinascita. Attis tornava alla vita e andava festeggiato con banchetti e feste baccanali.

 

 

 

 

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